martedì 13 agosto 2002

Ma perché lo Stato italiano non ha ancora fatto giustizia?

Le responsabilità degli eccidi nazisti è ancora chiusa nell'«Armadio delle vergogna»

di Franco Giustolisi

C'era tanta gente. Arrivata dal contado, dalla Provincia, dalla Regione.
Gonfaloni, fasce tricolori di sindaci, bandiere. Commozione, partecipazione, passione.
Anche lacrime, in ricordo di quei 560 poveri cristi massacrati il 12 agosto 1944.
Oggi fanno 58 anni. C'era anche qualcuno dei sopravvissuti.
Ancora si chiedono, chiedono a se stessi, come hanno fatto a cavarsela in quella tragica mattina di fuoco.
I nazisti della sedicesima Divisione Reichsfurer H. Himmler fecero letteralmente terra bruciata.
Sì, perché dopo aver mitragliato, lanciato bombe a mano, dato fuoco alle case, con i lanciafiamme si accanirono sui corpi senza più vita.
Già, c'era tanta gente. Ma, come sempre, mancavano quelle che si chiamano le Autorità, quelle che rappresentano lo Stato.
Lo Stato assente, prima, e colpevole poi. E ancor più colpevole oggi per la sua latitanza.
Quei nazisti di uno dei più feroci corpi delle SS, salendo su per la Penisola, prima ancora di Stazzema, e poi dopo, come a Marzabotto, fecero tanti altri morti.
Non solo loro, ovviamente, ma con tanti altri colleghi in carneficina.
C'erano anche le SS italiche, ancor più feroci dei loro colleghi tedeschi.
E i collaborazionisti legati alla repubblichetta di Salò.
15.000 morti civili, ci furono, si calcola con approssimazione per difetto, più altre migliaia, forse decine di migliaia, di militari massacrati a Cefalonia, Spalato, a Coo e altrove.Non si arresero, pagarono con la vita la loro obbedienza agli ordini del Re fuggiasco e del suo pavido generale Badoglio.
Crimini orrendi contro l'umanità: tutto finì per ordine di un Governo di centro destra, presumbilmente in uno di quelli che si alternarono dal maggio del 1947 in poi, in quello che ho definito «L'Armadio della Vergogna».
Conteneva tutti i fascicoli su cui erano vergati i nomi degli assassini e delle loro vittime.
La scusa del seppellimento totale e senza precedenti fu quella della ragion di stato.
Il nemico non era più Hitler, bensì Stalin.
La Germania doveva servire in funzione Nato contro il pericolo dell'Est, o il supposto pericolo.
E non sarebbe stato, come dire, elegante mentre la Wehermacht si riarmava in funzione anticomunista, gettarle addosso tutto quel fango dei tanti eccidi.
Per lo più bambini, solo a Sant'Anna furono 116 sotto i quattordici anni.
Ma c'era anche una piccolina, Anna Pardini, che di anni ancora non ne aveva, la sua vita si contava a giorni.
Soltanto venti. E neanche quelli l'essere che aveva in grembo Evelina Berretti.
Lo cavarono fuori con le baionette.
C'è un simbolo, qui, riprodotto in migliaia di esemplari e che ha fatto il giro del mondo.
Ritrae una donna che lancia uno zoccolo contro il nemico. Si chiamava Genny Marsili.
Nessuno sa se riuscì a scagliarlo, quello zoccolo contro gli assassini.
Riuscì, però, a salvare il figlio.
Un bimbetto che aveva sei anni, Mario.
Lo spinse dietro la porta della chiesa cui fu dato fuoco.
Mario, che ora di anni ne ha 64, porta ancora impresse sulle spalle le cicatrici che gli lasciarono le fiamme.
Vittime, specialmente, donne, bambini e vecchi, perché gli uomini, a Stazzema e altrove, pensando che si trattasse solo di retate per accumulare forze di lavoro, si davano a gambe per la campagna.
Lo Stato Italiano si assunse allora, sul finire degli anni Quaranta, la tremenda responsabilità di mettere una grande pietra su quel passato.
Lo fece ordinando ai procuratori generali militari, la cui nomina era in quegli anni di competenza del Consiglio di Ministri, di seppellire quel materiale scottante.
L'ordine fu eseguito alla lettera.
Ed è questa la prima enorme, inaccettabile responsabilità: aver privato della giustizia le vittime, certamente. E i loro familiari. E i sopravvissuti.
E tutti noi abitanti di questa penisola che gode, anzi dovrebbe godere, dello stato di diritto.
Quell'Armadio fu scoperto casualmente nel 1994.
I fascicoli che conteneva - ne erano rimasti 695 dei 2274, distribuiti nel tempo quando non potevano ormai più incidere su niente - furono smistati alle varie Procure militari di competenza.
Il CMM, Consiglio della Magistratura Militare, omologo del CSM, al termine di un'inchiesta durata tre anni, nel maggio del 1999, accertò e documentò l'origine e le cause di questa colossale ingiuria: la ragion di stato, appunto.
Quando si seppe, ma chi lo seppe, poi? I giornali tacquero quasi tutti.
Forse per questo non scoppiò la guerra civile.
Ma neanche nacque il grande scandalo. Neppure vennero proposti i soliti interrogativi che in genere accompagnano vicende così clamorose.
Nulla. Scoppiò solo il grande silenzio. Lo Stato non c'era o se c'era si era nascosto.
E si nasconde ancora. Mentre alla Camera passa la proposta di legge per l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sulle responsabilità legate alle stragi nazifasciste e al silenzio che ne seguì, al Senato, nonostante le promesse, quel disegno di legge non è ancora passato.
Si sono preoccupati esclusivamente di proteggere un paio di personaggi di loro spicco, Berlusconi e Previti, invece di pensare ad una giustizia che da 58 anni è in attesa.
E nessuno, anche se si è scritto, si è detto, si è ripetuto, è intervenuto a sanare un'altra vergogna.
Eccola, la seconda inaccettabile responsabilità.
Delle tante inchieste smistate alla Procura militare di La Spezia ne sono ancora in piedi ben 63: Stazzema, Marzabotto, Fivizzano, Cavriglia, Bibbiena, Castiglion Fibocchi....
Fascicoli di migliaia e migliaia di pagine, con un numero infinito di nomi di assassini, con richieste continue di rogatorie con la Germania.
A mandare avanti il tutto, o, meglio, sarebbe dire, a guardare il tutto, posto quindi nella condizione totale di impotenza, c'è un solo magistrato.
Cosa dice il Presidente del Consiglio? Cosa ha fatto? Cosa fa?
E il Ministro della Difesa? E il Ministro degli esteri? Ha sollecitato i magistrati tedeschi per dare tempestive risposte? No. Non lo ha fatto. Perché non c'è.

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