di Franco Giustolisi
C'era tanta gente. Arrivata dal contado,
dalla Provincia, dalla Regione. Gonfaloni, fasce tricolori di sindaci, bandiere.
Commozione, partecipazione, passione. Anche lacrime, in ricordo di quei 560
poveri cristi massacrati il 12 agosto 1944. Oggi fanno 58 anni. C'era anche
qualcuno dei sopravvissuti. Ancora si chiedono, chiedono a se stessi, come
hanno fatto a cavarsela in quella tragica mattina di fuoco. I nazisti della
sedicesima Divisione Reichsfurer H. Himmler fecero letteralmente terra bruciata.
Sì, perché dopo aver mitragliato, lanciato bombe a mano, dato fuoco alle case,
con i lanciafiamme si accanirono sui corpi senza più vita. Già, c'era tanta
gente. Ma, come sempre, mancavano quelle che si chiamano le Autorità, quelle che
rappresentano lo Stato. Lo Stato assente, prima, e colpevole poi. E ancor
più colpevole oggi per la sua latitanza. Quei nazisti di uno dei più feroci
corpi delle SS, salendo su per la Penisola, prima ancora di Stazzema, e poi dopo,
come a Marzabotto, fecero tanti altri morti. Non solo loro, ovviamente, ma
con tanti altri colleghi in carneficina. C'erano anche le SS italiche, ancor
più feroci dei loro colleghi tedeschi. E i collaborazionisti legati alla repubblichetta
di Salò. 15.000 morti civili, ci furono, si calcola con approssimazione per
difetto, più altre migliaia, forse decine di migliaia, di militari massacrati
a Cefalonia, Spalato, a Coo e altrove.Non si arresero, pagarono con la vita la
loro obbedienza agli ordini del Re fuggiasco e del suo pavido generale Badoglio.
Crimini orrendi contro l'umanità: tutto finì per ordine di un Governo di centro
destra, presumbilmente in uno di quelli che si alternarono dal maggio del 1947
in poi, in quello che ho definito «L'Armadio della Vergogna». Conteneva tutti
i fascicoli su cui erano vergati i nomi degli assassini e delle loro vittime.
La scusa del seppellimento totale e senza precedenti fu quella della ragion
di stato. Il nemico non era più Hitler, bensì Stalin. La Germania doveva
servire in funzione Nato contro il pericolo dell'Est, o il supposto pericolo.
E non sarebbe stato, come dire, elegante mentre la Wehermacht si riarmava in funzione
anticomunista, gettarle addosso tutto quel fango dei tanti eccidi. Per lo
più bambini, solo a Sant'Anna furono 116 sotto i quattordici anni. Ma c'era
anche una piccolina, Anna Pardini, che di anni ancora non ne aveva, la sua vita
si contava a giorni. Soltanto venti. E neanche quelli l'essere che aveva in
grembo Evelina Berretti. Lo cavarono fuori con le baionette. C'è un simbolo,
qui, riprodotto in migliaia di esemplari e che ha fatto il giro del mondo. Ritrae
una donna che lancia uno zoccolo contro il nemico. Si chiamava Genny Marsili.
Nessuno sa se riuscì a scagliarlo, quello zoccolo contro gli assassini. Riuscì,
però, a salvare il figlio. Un bimbetto che aveva sei anni, Mario. Lo spinse
dietro la porta della chiesa cui fu dato fuoco. Mario, che ora di anni ne
ha 64, porta ancora impresse sulle spalle le cicatrici che gli lasciarono le fiamme.
Vittime, specialmente, donne, bambini e vecchi, perché gli uomini, a Stazzema
e altrove, pensando che si trattasse solo di retate per accumulare forze di lavoro,
si davano a gambe per la campagna. Lo Stato Italiano si assunse allora, sul
finire degli anni Quaranta, la tremenda responsabilità di mettere una grande pietra
su quel passato. Lo fece ordinando ai procuratori generali militari, la cui
nomina era in quegli anni di competenza del Consiglio di Ministri, di seppellire
quel materiale scottante. L'ordine fu eseguito alla lettera. Ed è questa
la prima enorme, inaccettabile responsabilità: aver privato della giustizia le
vittime, certamente. E i loro familiari. E i sopravvissuti. E tutti noi abitanti
di questa penisola che gode, anzi dovrebbe godere, dello stato di diritto.
Quell'Armadio fu scoperto casualmente nel 1994. I fascicoli che conteneva
- ne erano rimasti 695 dei 2274, distribuiti nel tempo quando non potevano ormai
più incidere su niente - furono smistati alle varie Procure militari di competenza.
Il CMM, Consiglio della Magistratura Militare, omologo del CSM, al termine
di un'inchiesta durata tre anni, nel maggio del 1999, accertò e documentò l'origine
e le cause di questa colossale ingiuria: la ragion di stato, appunto. Quando
si seppe, ma chi lo seppe, poi? I giornali tacquero quasi tutti. Forse per
questo non scoppiò la guerra civile. Ma neanche nacque il grande scandalo.
Neppure vennero proposti i soliti interrogativi che in genere accompagnano vicende
così clamorose. Nulla. Scoppiò solo il grande silenzio. Lo Stato non c'era
o se c'era si era nascosto. E si nasconde ancora. Mentre alla Camera passa
la proposta di legge per l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta
sulle responsabilità legate alle stragi nazifasciste e al silenzio che ne seguì,
al Senato, nonostante le promesse, quel disegno di legge non è ancora passato.
Si sono preoccupati esclusivamente di proteggere un paio di personaggi di loro
spicco, Berlusconi e Previti, invece di pensare ad una giustizia che da 58 anni
è in attesa. E nessuno, anche se si è scritto, si è detto, si è ripetuto,
è intervenuto a sanare un'altra vergogna. Eccola, la seconda inaccettabile
responsabilità. Delle tante inchieste smistate alla Procura militare di La
Spezia ne sono ancora in piedi ben 63: Stazzema, Marzabotto, Fivizzano, Cavriglia,
Bibbiena, Castiglion Fibocchi.... Fascicoli di migliaia e migliaia di pagine,
con un numero infinito di nomi di assassini, con richieste continue di rogatorie
con la Germania. A mandare avanti il tutto, o, meglio, sarebbe dire, a guardare
il tutto, posto quindi nella condizione totale di impotenza, c'è un solo magistrato.
Cosa dice il Presidente del Consiglio? Cosa ha fatto? Cosa fa? E il Ministro
della Difesa? E il Ministro degli esteri? Ha sollecitato i magistrati tedeschi
per dare tempestive risposte? No. Non lo ha fatto. Perché non c'è.
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