da La Stampa del 10 marzo 2001

Perché non ci fu una "Norimberga italiana"

Roma - L’arrivo della Guerra fredda bloccò i processi per i crimini nazisti.
Un documento, approvato all’unanimità dal Parlamento, ricostruisce le tappe dell’insabbiamento.
Se la strage di Cefalonia è rimasta confinata nel dolore dei familiari e nel ristretto mondo degli addetti ai lavori, se non ha fatto irruzione nella storiografia maggiore, una buona dose di colpe ce l’ha lo Stato italiano.
Fu la "ragion di Stato", infatti, che portò all’occultamento del clamoroso processo che era stato istruito nel 1945 per la morte dei 6500 soldati italiani.
Ma furono ben 700 le stragi nazifasciste che vennero nascoste nei cassetti, per complessive 15 mila vittime innocenti.
A puntare l’indice contro quella "ragion di Stato" oggi è un Documento conclusivo del Parlamento, approvato all’unanimità al termine di una indagine conoscitiva.
La commissione Giustizia della Camera è stata veloce.
Il caso venne sollevato alcuni mesi fa dalla deputata Rosanna Moroni, dei cossuttiani.
Era apparsa sui giornali la storia di un armadio blindato, trovato con le ante rivolte verso il muro, in una stanza sbarrata della procura generale militare.
Era la plastica rappresentazione dell’insabbiamento: dentro l’armadio, aperto nel 1994, vennero scoperti 695 fascicoli giudiziari di cui si era persa la memoria.
Il Documento conclusivo ricostruisce oggi nei dettagli i fatti.
Tre le date cruciali.
La prima è il 20 agosto 1945: alla presidenza del Consiglio si tiene una riunione alla presenza del procuratore generale militare, Umberto Borsari.
L’indignazione per le stragi è fortissima.
Gli inglesi, in particolare, pensano di organizzare una Norimberga italiana.
"Avevano acquisito prove sufficienti sul fatto che la condotta bellica dei tedeschi nei confronti delle popolazioni italiane aveva configurato un atteggiamento e un volontà terroristiche", scrivono i deputati.
Gli inglesi addirittura chiesero di trasferire in Italia l’attrezzatura per le traduzioni simultanee che era stata usata nel processo di Norimberga ai gerarchi nazisti.
Lo storico Paolo Pezzino ha portato all’attenzione dell’indagine conoscitiva un appunto dove si annuncia che la corte sarà inglese e che si stanno ricercando i colpevoli della strage di Cefalonia.
Ma anche l’Italia vuole fare la sua parte.
Si decide che ci sarà una corte inglese per i generali tedeschi; gli italiani penseranno agli ufficiali inferiori.
E’ la stagione delle condanne esemplari a Kesserling, Maeltzer, Wolff, Mackensen. Sull’Europa, però, cala rapidamente la cortina di ferro e monta la guerra fredda.
Improvvisamente questi processi per i crimini nazisti diventano scomodi.
Il 10 dicembre 1947 si chiude la stagione dei grandi processi degli Alleati.
Complessivamente le corti militari britanniche hanno tenuto 49 dibattimenti.
La seconda data cruciale è il 10-26 ottobre 1956.
E’ di quei giorni un carteggio tra il ministro degli Esteri, Gaetano Martino, e il collega della Difesa, Paolo Emilio Taviani.
Discutono di una richiesta di estradizione, ipotizzata dal procuratore militare.
E’ l’inchiesta su Cefalonia che è tornata alla luce.
Ma i due ministri si trovano d’accordo nell’insabbiarla di nuovo.
Quella richiesta d’estradizione non s’ha da fare perché per "la costituzione dell’Alleanza atlantica - scrivono i deputati - si ritenne che fosse politicamente inopportuno iniziare processi per crimini di guerra che avrebbero messo in crisi l’immagine della Germania".
Questo l’input politico.
I procuratori generali militari si adeguarono.
C’è da dire che all’epoca la magistratura militare era strettamente dipendente dall’esecutivo.
Fino al 1981 i procuratori generali militari venivano nominati dal Consiglio dei ministri e tutta la giustizia militare dipendeva da loro.
Conclusioni: "La ragion di Stato ha condizionato, in negativo, l’accertamento delle responsabilità".
I fascicoli più scottanti finirono nell’armadio con la dicitura, assolutamente inventata, di "archiviazione provvisoria".
Era il 14 gennaio 1960 quando il procuratore Santacroce dispose questa finta archiviazione.
Ma non finì qui.
Ancora nel 1965 e 1966, quando ormai erano prossime le prescrizioni, l’armadio si riaprì e alcuni fascicoli, quelli più inoffensivi, finirono alle competenti procure.
Oggi i 695 fascicoli sono stati inviati ai magistrati competenti.
Tre processi si sono celebrati nei mesi scorsi, due a Torino e uno a Verona, conclusi con condanne all’ergastolo.
I condannati vivono in Germania e in Canada; per il momento l’Italia non ha avuto risposte alla richiesta di estradizione.
E’ in fase istruttoria il processo per la strage di Sant’Anna di Stazzema, 500 morti di cui 100 bambini.

Di Francesco Grignetti

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