Berlino chiede scusa per l'eccidio

Commosse parole dell'incaricato tedesco a Sant'Anna di Stazzema dove, 57 anni fa i nazifascisti massacrarono 560 persone: l'inviato dell'ambasciata per la prima volta chiede perdono

C'è voluto mezzo secolo di memoria.
Oltre mezzo secolo di dolorosi ricordi e di parziali verità.
Dopo 57 anni la strage nazifascista che costò la vita a 560 persone, Berlino chiede scusa a Sant'Anna di Stazzema.
Parlando in un italiano commosso, l'incaricato dell'ambasciata tedesca che ha partecipato ieri alla commemorazione della strage ha chiesto alle generazioni del dopoguerra «di accettare le scuse per i crimini commessi in nome dello Stato popolo tedesco».
Non ha aggiunto niente di più.
Dopo 57 anni di silenzio però è comunque uno spiraglio.
Nel piccolo comune montano che sovrasta la Versilia, il 12 agosto di 57 anni fa, i tedeschi in ritirata massacrarono 560 persone, soprattutto vecchi, donne e bambini.
La vittima più piccola fu una neonata di due settimane, Anna.
E se l'anno scorso, il 2000, era stato personalmente il capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi a presenziare la commemorazione a Sant'Anna, ieri è stata la neo senatrice Rita Levi Montalcini a presiedere le celebrazioni di Sant'Anna di Stazzema.
E il premio Nobel ha rilevato che «quanto successe allora non dipende dal patrimonio genetico degli uomini, ma dalla loro incapacità di ribellarsi all'odio: per questo dobbiamo educare i nostri bambini nella pace e nella tolleranza».
Il sindaco di Sant'Anna Gianfranco Lorenzoni, chiudendo gli interventi davanti all'ossario, ha chiesto di nuovo che «venga colmato il vuoto di responsabilità su questa strage».
Lorenzoni chiede una verità storica che ancora non è nota per quello che è stato uno dei più alti tributi in termini di vite umane alla violenza nazifascista.
Quello che restò, nel paesino di Sant'Anna di Stazzema all'alba del 12 agosto, dopo il passaggio delle Ss, fu solo sangue e resti umani: il sacerdote inchiodato al portone della chiesa, le persone impiccate con il filo spinato, i bambini trucidati accatastati con le loro madri sull'erba davanti alla cappella.
Al posto di quel cumulo di morti, oggi è nato il «Parco della pace» che ruota accanto al piccolo museo della Resistenza e ad una lapide voluta dall'amministrazione comunale.
La lapide con, incisi, i versi di Piero Calamandrei: «Avrai anche tu il tuo monumento, camerata Kesserling...».

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