29 settembre 2000

Istituzione parco nazionale della pace a Sant’Anna di Stazzema

Trasmettiamo il testo dell'intervento in aula dell'on. Rosanna Moroni dei Comunisti italiani, componente della Commissione affari costituzionali della Camera

Signor Presidente, finalmente giunge in aula questa proposta di legge, presentata per la prima volta nel 1987: i primi firmatari furono allora i presidenti dei gruppi Socialista, della Democrazia cristiana e Comunista.
È una proposta di legge che in questi anni è stata sollecitata da tanti, da cittadini, associazioni, istituzioni, a cominciare dal presidente del comitato per le onoranze dei martiri, dal sindaco di Stazzema e dal presidente del Consiglio provinciale di Lucca.
Vorrei ringraziare qui anche l'amico e collega Carlo Carli, che oggi non potrà prendere parte a questo dibattito per ragioni di incompatibilità derivanti dal suo duplice ruolo di sottosegretario e di primo firmatario di questa proposta di legge.
Desidero comunque ringraziarlo perché so bene quanto interesse e impegno abbia speso affinché la proposta del parco della pace diventasse realtà.
Vorrei ricordare anche un'altra persona, colui che per primo ha ideato il parco della pace, colui che per primo lo ha immaginato, un vecchio sindaco di Stazzema, Conti.
Non so quanti dei colleghi abbiano visitato S. Anna: è un piccolo paese della Versilia a 600 metri sul mare, circondato dai castagni; uno dei tanti luoghi presenti in Toscana che la mente riesce ad associare solo ad immagini di serenità e di quiete.
C'è un'unica cosa che lo distingue dalle decine di altri borghi della zona, una torre di pietra, visibile già da lontano, che emerge come un corpo estraneo dalla ricca vegetazione: è la torre dell'ossario, che accoglie i resti dei martiri.
Anche lì, come a Buchenwald e in altri posti simili, le caratteristiche naturali dei posti rendono ancora più difficile credere che in un luogo che trasmette un'idea di pace e di armonia l'uomo sia riuscito a raggiungere l'apice della ferocia, l'abisso della crudeltà.
In effetti, anche allora, anche in quell'agosto di cinquantasei anni fa, deve essere sembrato inimmaginabile che in quei boschi, in quelle povere case sparse, popolate quasi soltanto di bambini, donne e vecchi, potesse abbattersi una tale carneficina.
S. Anna era apparsa a molti il rifugio ideale, lontana dai bombardamenti delle città, dalle violenze dei repubblichini e dai rastrellamenti dei tedeschi.
Nessuno poteva immaginare che potesse diventare una trappola di tali proporzioni.
C'erano stati alcuni scontri tra partigiani e tedeschi sulle alture circostanti, ma il paese non era mai stato coinvolto e la vita procedeva normalmente.
Tra l'altro, i partigiani si erano trasferiti da una decina di giorni sugli estremi rilievi delle Apuane, per riorganizzarsi dopo una serie di combattimenti, ed alcuni abitanti, nonostante i bandi di sfollamento della fine di luglio, avevano ricevuto assicurazioni che residenti e sfollati di Sant'Anna non correvano alcun pericolo e potevano restare tranquillamente nelle loro case.
Invece il 12 agosto 1944, alle prime luci del giorno, quattro colonne di SS - 300 uomini, secondo le versioni più accreditate ma, secondo altri, 500 - circondarono il paese dove avevano trovato rifugio centinaia di sfollati da tutta la Versilia e da altre città (Pisa, Lucca, Genova, La Spezia, Napoli, Livorno…).
Alla vista dei nazisti gli uomini si nascosero nei boschi e nelle grotte, pensando che si trattasse di uno dei soliti rastrellamenti per reperire mano d'opera da destinare ai lavori di fortificazione della linea gotica: donne, vecchi e bambini rimasero nelle borgate, sicuri di non avere nulla da temere.
Purtroppo non fu così.
I tedeschi massacrarono gli abitanti senza pietà.
Le drammatiche testimonianze dei pochi superstiti scampati miracolosamente allo sterminio narrano episodi di violenza inaudita, di crudeltà, di barbarie, che nel corso degli anni sono stati raccolti e pubblicati su iniziativa del comitato per le onoranze dei martiri di Sant'Anna di Stazzema.
A mezzogiorno tutte le case del paese erano incendiate e con esse, dentro di esse, gli abitanti, forse ancora vivi.
Il numero preciso dei morti non lo sapremo mai perché pochi furono trovati integri; della maggior parte non era rimasto che un mucchio di ossa e carne bruciacchiate.
I tedeschi condussero sulla piazza della chiesa più di 140 persone, persone ancora assonnate e del tutto inconsapevoli della sorte che le attendeva.
Le mitragliarono, ammassarono sul mucchio di corpi le panche della chiesa e appiccarono il fuoco.
Molti furono uccisi mentre tentavano di fuggire.
Le testimonianze dicono che verso sera le SS scesero a valle piene di sangue, cantavano e ridevano.
Nell'estate del 1944 in Toscana furono consumati oltre 240 eccidi con più di 3.700 vittime civili.
Quello di Sant'Anna è stato il più spietato e il più grave per il numero di vittime inermi, spaventate, sfinite dalla guerra.
Dei 560 uccisi quasi 200 erano donne, 8 erano donne incinte e 115 erano i bambini.
La più piccola, Anna, aveva soltanto 20 giorni; la sorella, ferita ma salva, la raccolse dalle braccia della madre morta.
Aveva le manine troncate ed il faccino intriso di latte e di sangue (così riportano le testimonianze).
Morì il 4 settembre.
Sono tanti gli episodi orribili raccontati da testimoni e ne riprenderò ancora solo uno: "Quando mio padre fu ucciso con quel colpo di pistola sparatogli in bocca, mia madre prese in collo il mio fratellino di tre anni.
Urlavano.
Ad un tratto un soldato si presentò a gambe larghe sulla porta.
Era sempre quello di prima e sventagliò raffiche verso di noi.
Io caddi giù dalla paura, vidi una mia compagna in piedi, la presi a tirare per la gonna dicendole di buttarsi giù.
Poi la sentii cadere su di me colpita a morte.
E caddero anche mia madre ed il mio fratellino che aveva mezzo viso portato via dai proiettili.
Mia madre non era ancora morta, aveva uno squarcio sul petto e mi implorava: 'Salva il bimbo! Portalo via di qui!'.
Intorno era tutto un lamento.
Entrò un altro tedesco e lo sentii prendere sotto di me la cartella di scuola.
Me la sfilò di sotto , l'aprì, guardò cosa c'era dentro, tirò fuori dei fogli di quaderno e poi buttò via tutto e se ne andò.
Intanto mia madre si lamentava ancora.
Ricordo che il nostro cagnolino stava leccando il sangue e il viso del mio fratellino, tutto sfatto dallo stesso proiettile che aveva colpito la mamma.
Sentivo anche la zia che implorava: 'Mamma mia, fammi morire presto.
Non ho ripreso questi episodi per il gusto di soffrire o far soffrire, ma perché credo sia difficile immaginare tante atrocità e che sia necessario conoscerle, avere ben chiaro e presente che tutto questo è avvenuto davvero.
Ho sempre in mente le parole di Levi, lette per la prima volta da ragazzina: "meditate che questo è stato.
Vi comando queste parole, scolpitele nel vostro cuore, stando in casa, andando per via, coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli…"
Ho sempre percepito in queste parole la preoccupazione angosciosa dell'oblio, la paura che si dimenticasse, una paura tutt'altro che ragionevole, purtroppo.
Troppe volte l'umanità ha dimenticato simili orrori, troppe volte li ha ripetuti di nuovo.
Il Parco nazionale della pace a S. Anna è necessario per questo, per non dimenticare; lo dobbiamo alle vittime dell'eccidio che è ancora oggi impunito; lo dobbiamo a noi stessi e, soprattutto, ai nostri figli.
Qualcuno in nome di una malintesa idea di pacificazione - o peggio, di un vergognoso tentativo di alterazione della storia - vorrebbe stendere un velo di silenzio su episodi come questo.
Ma una pacificazione vera può venire solo da una lettura veritiera della storia, non dalla sua rimozione o distorsione.
La pietà umana, comprensibile e condivisibile, non può confondere vittime e carnefici: sarebbe un'ulteriore ferita, un'ulteriore offesa.
Non si può non distinguere chi ha lottato per la libertà e la democrazia da chi, invece, si è battuto per affossarle.
La nostra libertà, la nostra democrazia, la nostra Costituzione che di questi principi è intrisa, sono frutto anche del dolore e della morte di quelle donne, di quegli uomini e di quei bambini.
Accanto alla compassione, dobbiamo sentire la gratitudine per il messaggio che la loro tragedia ci ha consegnato.
Dobbiamo sentire il dovere di riflettere sulla genesi di quella e di altre tragedie, perché è il solo modo per trovare e offrire alle future generazioni gli strumenti ideali e culturali necessari alla costruzione di una convivenza pacifica.
Il Parco della pace potrà essere, oltre che un simbolo di tutte le vittime, oltre che un luogo di memoria storica, anche sede di riflessione, di incontro e di conoscenza, di costruzione di una civiltà più avanzata e più consapevole, di diffusione di messaggi di pace.
Signor Presidente, si rischia di essere retorici in casi come questo, ma non importa.
Tenere vivo il ricordo di quei tragici eventi è un dovere morale imposto dalla coscienza democratica conquistata dal nostro paese con la Resistenza e sancita con la Carta costituzionale.
Con l'approvazione di questa proposta di legge il Parlamento (che mi auguro si impegni ad approvarla prima del termine dell'attuale legislatura) può assumere un impegno importante: la realizzazione di un'opera volta ad affermare una cultura politica, civile e sociale che, attraverso la memoria di un'immane tragedia compiuta nel nome di convinzioni ripugnanti, sia sempre più in grado di radicare i valori della pace, della solidarietà e del fondamentale rispetto della vita umana.
I martiri di S. Anna ci rammentano la dimensione aberrante di un'ideologia e i pericoli in cui si può incorrere se nel senso comune di una società si attenuano o vengono meno quei principi e quei valori che ne determinarono, allora, la sconfitta.
Quel luogo di morte può diventare un luogo di diffusione di quei principi e di quei valori, un argine contro i preoccupanti rigurgiti di inciviltà e di violenza, di razzismo e di intolleranza.
Brz/Grp

indietro