dal giornale "il Manifesto" del 12 aprile 2002
Giustizia, scandalo italo-tedesco
Giornalisti berlinesi trovano
le «introvabili» Ss responsabili di Marzabotto.
Una vita tranquilla i ricercati
per la strage hanno vissuto per 50 anni senza nessun problema in diverse città
tedesche.
Un'ombra sulla visita di Rau in Italia, e non è l'unica.
Le
colpe italiane
Quattro appartenenti alla 16esima divisione corazzata delle
Ss «Reichsführer», unità responsabile delle stragi del 1944 a Sant'Anna di Stazzema
e a Marzabotto, sono stati rintracciati dal programma televisivo Kontrast dell'emittente
berlinese Sender Freies Berlin.
Il più giovane dei quattro veterani ha 76
anni, il più anziano 82.
Vivono indisturbati a Amburgo, Braunschweig, Essen
e in Baviera.
In 58 anni nessun magistrato italiano o tedesco li ha tediati
con fastidiosi interrogatori.
Per trovare una persona bisogna cercarla: i
due redattori di Kontraste, René Althammer e Udo Gümpel, dopo un anno di indagini,
sono riusciti a filmare e intervistare i quattro presunti criminali di guerra,
rimasti per più di mezzo secolo irraggiungibili per le procure di due paesi.
La trasmissione andata in onda giovedì sera sulla prima rete Ard (il consorzio
delle emittenti regionali) è un pesante atto d'accusa contro l'amnesia della magistratura,
in Italia come in Germania.
Questo «scandalo giudiziario italo-tedesco», come
lo definiscono gli autori del reportage, getta un'ombra sul viaggio che il presidente
della repubblica federale tedesca Johannes Rau farà in Italia dal 15 al 18 aprile.
Rau andrà il 17 aprile a Marzabotto a chiedere scusa per i crimini commessi
dalla Wehrmacht e dalle Ss.
Un gesto sincero e nobile, che però non cancella
l'impunità garantita per decenni a molti responsabili di quei crimini.
Né
dovrebbe far dimenticare l'oltraggio inflitto dal governo Schröder-Fischer agli
ex deportati italiani, militari e civili, esclusi l'estate scorsa dal programma
di indennizzi per il lavoro coatto cui vennero costretti dalla Germania nazista.
Ma un conto sono gli obblighi morali, tutt'altra faccenda le convenienze politiche.
Il governo Berlusconi non si è finora preso la briga di protestare contro
la discriminazione subita dagli Zwangsarbeiter italiani, perché dovrebbe farlo
adesso?
Né il presidente Rau deve temere reprimende per la mancanza di solerzia
della magistratura tedesca nel perseguire i responsabili di crimini di guerra
in Italia.
In Germania furono gli alleati a disporre, fin dal 1952, l'insabbiamento
delle indagine, visto che i soldati tedeschi servivano di nuovo alla «difesa dell'occidente».
Ma anche l'Italia si piegò alle presunte necessità della guerra fredda.
Nel
1956 l'allora ministro degli esteri Gaetano Martino, liberale, sconsigliò un'inchiesta
sul massacro di Cefalonia.
Il ministro della difesa Emilio Taviani, democristiano,
si affrettò a disporne l'archiviazione.
Nel 1961 settecento dossier vennero
rinchiusi nell'«armadio della vergogna», negli uffici della procura generale militare
a Roma.
Il procuratore Infelisano li trovò solo per caso a metà degli anni
`90.
Ma nemmeno laddove testimoni e indagati vivono ancora si è davvero cercato
di trovarli.
Nel caso di Sant'Anna di Stazzema, per esempio, la procura militare
di La Spezia indaga dal 1996 con scarsissimi risulatati.
«Siamo riusciti a
individuare una piccola cerchia di persone, che molto probabilmente parteciparono
agli eventi.
Abbiamo i nomi e gli indirizzi», ha dichiarato a Kontrast il
procuratore militare Marco Coco, assicurando che «in breve» si potrebbe aprire
un procedimento.
«In breve»? Sei anni non sono bastati per tentare un interrogatorio,
sebbene i nomi cui fa riferimento il procuratore fossero già contenuti in dossier
della magistratura militare alleata, disponibile negli archivi.
Lì sono andati
a scovarli i redattori di Kontrast. |