A La Spezia sancito un atto storico: i delitti contro l'umanità non si cancellano mai

Sant'Anna di Stazzema. Non è troppo tardi, sessant'anni dopo

Maria R. Calderoni

Liberazione 24 giugno 2005

L'Angelo Sterminatore è caduto. La sentenza di La Spezia, i dieci ergastoli, chiesti e dati, per la strage di S. Anna di Stazzema dimostrano, almeno, quello: che la giustizia non guarda il tempo. Che l'Angelo Sterminatore non può essere prescritto.

Enio Mancini è scoppiato a piangere; 61 anni dopo le sue lacrime non sono cambiate. E' un sopravvissuto, quando le Belve calarono sul paese era un bambino; un uomo gli puntò il fucile in faccia e gli gridò "raus raus", fu salvato così. Ora è curatore del Museo della Resistenza di S. Anna. La sentenza gli dà sollievo, non gli dà pace: «Avrebbe dovuto arrivare prima».

Nessuno ha dimenticato, nessuno ha perdonato. Luigi Della Latta aveva undici anni e ha "visto", gli hanno trucidato padre, madre e undici fratelli; Silvia Pardini aveva 9 anni, quando una baionetta e un lanciafiamme sventrarono la sua mamma e le sue sorelline; Mauro Pieri era ancora più piccolo, sotto i suoi occhi trucidarono la mamma e i due fratelli.

Lacrime e sussulti, ricordi sfiniti, l'orrore intatto: nessuno ha dimenticato, nessuno può dimenticare. E' emozionato anche il pm, Marco De Paolis, non nasconde la commozione il sindaco di Stazzema, Michele Silicani. Il tribunale militare con la sua sentenza ha sancito un atto storico: i delitti contro l'umanità non si cancellano mai. E questa è la prima forma della giustizia. Il risarcimento dovuto prima di tutto a Stazzema, ma non solo a Stazzema.

Non andranno in carcere, non un solo giorno dovranno passare dietro le sbarre; i colpevoli, quei dieci uomini portatori di dieci ergastoli, sono troppo anziani, tutti ultraottuagenari e l'età li risparmia, 61 anni dopo. Ma solo l'età, solo lo stratagemma anagrafico, li risparmia: perché la sentenza li ha inchiodati alle loro atrocità. Perché la sentenza ha certificato che le loro non furono «colpe di soldati costretti ad ubbidire», ma delitti pianificati e perpetrati con autonoma decisione e premeditata ferocia. Perché la sentenza ha certificato che loro furono i volenterosi carnefici di Hitler.

Alle 19,38 di mercoledì, quando il verdetto è stato pronunciato nel sospeso silenzio dell'aula - dopo 7 ore di camera di consiglio, 14 mesi di dibattimento, 20 udienze, 50 testimonianze - quegli spettri mostruosi hanno cessato di essere tali e in quell'aula hanno avuto un nome e un volto. Nessuno di loro era presente in aula, ma loro erano ugualmente lì, alla più spaventevole sbarra; erano lì: gli Angeli Sterminatori della 16a Panzergrenadierdiivision SS hanno dovuto rispondere davanti ai sopravvissuti di Stazzema, davanti a tutti noi, umanità.

Erano lì, nomi e cognomi. Il tenente Karl Groper, il luogotenente Gheorg Rauch, il sottotenente Gerhard Sommer, i sergenti Ludwig Sonntag, Alfred Shoneberg, Alfred Concina, Horst Richter, Werner Bruss, Heinrich Schendel, il caporale Ludwig Goering.

Non c'erano, in aula; non hanno mai inviato un cenno né mai mandato una lettera di pentimento, né mai ammesso le proprie colpe, né mai parlato. Non è stato facile trovarli e "trascinarli" lì, davanti ai sopravvissuti di Stazzema e ai giudici, coi loro nomi e cognomi. Non è stato facile. C'è voluto uno speciale pool internazionale, ci sono volute le ricerche di anni negli archivi tedeschi e alleati, quelle che hanno permesso di individuare le quattro compagnie del II Battaglione, 35mo Reggimento, XVI Divisione Panzergrenadier SS responsabili dell'eccidio. «Abbiamo trovato documenti che dimostrano come ogni azione contro la popolazione fosse studiata e programmata a tavolino», ha detto Carlo Federico Grosso, legale della Regione Toscana.

Volenterosi carnefici di Hitler. «Nessuno di loro, ben consapevoli, in quanto graduati, del piano di sterminio contro S. Anna, si oppose al piano e nessuno sessant'anni dopo ha voluto prendere le distanze», ha detto il pm. Uno solo, il caporale Goring, ha mandato una lettera di scuse: semplici scuse, non pentimento. E da quando le prove dell'eccidio sono uscite dall'"armadio della vergogna" di Palazzo Cesi (dove erano state secretate per più di mezzo secolo in nome della real politik verso quella Germania nuova alleata Nato), ancora nessuno di loro ha mai sentito il bisogno di "confessare". «Sono delle SS: è come essere della mafia», ha aggiunto il pm.

Non ha confessato nessuno, anche se il caporale Goring nella sua lettera ha ammesso che sì, ha sparato a venti donne, uccidendole tutte insieme, là nella frazione di Coletti. Solo il soldato semplice Adolf Beckert, nell'udienza del 2004, ha avuto il coraggio di testimoniare: escludendo la rappresaglia come movente della strage (i due soldati tedeschi feriti erano stati colpiti da fuoco amico) e facendo rivivere in aula "quel" momento, quando 150 persone vennero trucidate tutte insieme sul sagrato della chiesa.
"Quel" momento. Quel 12 agosto 1944, una mattina. Tedeschi in ritirata, quattro compagnie SS salgono a S. Anna, la più piccola frazione del comune di Stazzema, Versilia. Piazzano le mitragliatrici, sono a caccia di partigiani, che ritengono nascosti nella valle. Saccheggiano, incendiano, uccidono. Tra Valdicastello, la Culla e la Valchereccia rastrellano centinaia di persone, strappandole dalle case, anziani, donne e bambini compresi. In 560 sono trascinati in piazza, davanti alla chiesa; è praticamente tutta la popolazione del posto. Il comandante chiama il parroco, gli chiede di convincere la gente a denunciare i partigiani. Nessuno ha nomi da fare; allora la Belva dà ordine di sparare. Muoiono tutti, 560. Fra essi 72 bambini con meno di 10 anni, una neonata, anziane donne. Poi i soldati della VI e VII Compagnia cospargono i cadaveri di benzina e danno fuoco.
Le vittime sono state tutte identificate più tardi dagli alleati e dal sacerdote di Culla. Identificati anche i dieci killer delle due Compagnie. Identificati anche i volenterosi collaborazionisti italiani che affiancarono le SS nelle loro atrocità. Loro non hanno potuto essere portati davanti alla corte a La Spezia: sono tutti morti. «Ma questa sentenza condanna anche loro». I morti di Stazzema possono riposare in pace.
Un processo vero, sessant'anni dopo. Il massacro di S. Anna approda ora a Stoccarda, dove un gruppo di giuristi tedeschi vuole trascinare i "dieci" anche davanti a un giudice di quel Paese.
Non è troppo tardi, sessant'anni dopo.
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